giovedì, agosto 04, 2005

Un uomo bionico

Fu la notte precedente al mio ottavo trasloco che la vita mi esplose in faccia in tutta la sua stupida incoerenza. Il profumo del mare in tempesta e l’odore del pesce appena pescato erano già stati chiusi in ammaccate scatole di cartone mentre un violento straripamento dei miei pensieri mi provocò una grave emorragia di sensazioni.
La guardia medica, chiamata d’urgenza da mia madre, mi constatò una leggera forma d’istinto di sopravvivenza e mi prescrisse un blando ansiolitico. La medicina aveva un colore amaro e io non la bevvi; e, poi, mia madre non era, di certo, la Fata turchina. Il giorno dopo saremmo partiti per la nuova destinazione e su questo non c’erano dubbi.
Mi contorsi dal dolore sbavando malinconia. Dalla mia bocca uscì un fiotto corrosivo di parole in greco antico. Stavolta la mia solerte madre telefonò alla Curia arcivescovile e, terrorizzata, si fece dare il numero di un esorcista.
Proprio non si ricordava che, una dozzina d’anni prima, il greco era la mia materia preferita al liceo; ma, soprattutto, non si rammentò che gli sproloqui in greco antico erano il mio modo di nascondere al suo udito di madre raffinata alcune singolari imprecazioni a lei particolarmente sgradite.
Il vecchio esorcista, mezzo assonnato, venne nel cuore della notte con il suo bagaglio di fede avvizzita e la barba incolta. Per mia madre quei radi e ispidi peli sul volto erano segno di notti insonni sacrificate al bene del prossimo e prova di sicura e incontestabile esperienza.
Il vecchio prete si sedette al mio fianco guardandomi con aria di sfida. “Padre” gli dissi “ le posso fare una domanda? Sa, è una semplice curiosità…” Lui, sorpreso, mi fece un cenno affermativo e io gli sussurrai il quesito all’orecchio. Fuggì via senza nulla dire dimenticandosi, persino, di raccogliere dalle generose mani di mia madre la giusta ricompensa per il suo lavoro di integerrimo guaritore d’anime.
Due giorni dopo seppi che il vecchio esorcista si era suicidato impiccandosi alla grande croce sulla cima del campanile; aveva lasciato un biglietto che, più o meno, diceva così “Volo in Cielo dal mio Dio perché voglio chiedergli se nel suo essere Onnipotente può fare in modo di non essere Onnipotente. Perdonatemi e non rammaricatevi troppo, in fondo, la mia è una semplice curiosità…”.
Guardai nel portafoglio e, in quel preciso istante, mi convinsi che, se il vecchio esorcista mi fosse apparso in sogno per dar soddisfazione alla mia domanda, io, senza farlo parlare, gli avrei detto: “ Padre, la prego, mi dia quattro numeri da giocare al lotto….”
Lui, probabilmente, sarebbe fuggito ancora, ma, stavolta, non avrebbe avuto la possibilità di suicidarsi una seconda volta… Abbandonai ogni velleità di facili guadagni mentre la lancetta dei secondi dell’orologio appeso alla parete della cucina trafiggeva gli ultimi istanti di quella strana notte.
Mancavano poche ore alla partenza. L’urlo disperato di una sirena spezzò il silenzio della notte. La luce bluastra di un lampeggiante creava nella mia stanza un’ atmosfera da discoteca.
Accesi la musica e mi misi a ballare. Poi, visto che il frastuono in strada superava di gran lunga quello prodotto dalle casse del mio stereo, decisi di aprire la finestra e di guardare di sotto; un violento getto d’acqua mi colpì al volto scaraventandomi a terra.
Un grido di giubilo seguito da un fragoroso applauso riempì la strada sottostante per l’impresa di un gruppo di zelanti pompieri. Sentivo discutere mia madre e, ancora stordito dal duro colpo subito, sbirciai attraverso la fessura semiaperta della mia porta. Sull’uscio mia madre stava discutendo con un vigile del fuoco. Capii ogni cosa.
Alcuni vicini avevano avvertito il 115 che dalla finestra della mia camera si stavano sviluppando nere e dense nuvole di fumo. Devo smettere di pensare così intensamente, fu la prima cosa che mi venne in mente.
Mia madre, come tutte le madri, sa ben riconoscere il fumo dei pensieri del proprio figlio e, scusandosi per l’inconveniente, promise al diligente pompiere che avrebbe seguito il suo consiglio; quello di farmi innestare tra le scapole un piccolo sistema di allarme antincendio.
Dopo avermi strappato dalla bocca la rassicurante promessa di starmene buono nella mia stanza senza combinare altri disastri pensò bene di tornarsene a dormire.
Non volevo che i miei pensieri tornassero a prendere fuoco e non potevo neanche permettere che facessero un solo filo di fumo; i pompieri non intervengono mica gratuitamente. Ripensando al gelido getto dell’idrante mi convinsi che, per evitare danni, avrei potuto inumidire leggermente i miei pensieri con un po’ d’acqua ed evitare che cominciassero a scaldarsi .
L’acqua, a contatto con il calore della mia mente, s’intiepidiva regalandomi una sensazione di dolce benessere; sciolsi i ghiacciai dei miei dubbi per annegare in quel caldo mare di riflessioni ribollenti. Mi addormentai e, un’ora dopo, mi risvegliai di soprassalto. L’idraulico del pronto intervento stava avvolgendo uno spesso filo di canapa attorno alla mia testa.
Disse, anche, che certi tubi erano pieni di calcare e dovevano essere assolutamente sostituiti. Mia madre pensava di fare un unico lavoro : tubi e sistema di allarme antincendio assieme. La casa era allagata e le scatole di cartone galleggiavano come fragili barche sul mare di Genova.
Era furiosa e, con la schiena curva, stava tentando di raccogliere l’acqua. Anche l’idraulico, come i pompieri, si fece pagare, e non poco davvero. In preda a un curioso e amorevole istinto scesi dal letto per aiutarla.
Mancava un’ora alla partenza e i miei pensieri si fecero sempre più irrequieti. La corrente elettrica mi scese veloce dalla mente fino alla punta dei piedi e appena toccata l’acqua, un botto tremendo. Corto circuito e black out generale.
Rimasi con i fili scoperti fino all’arrivo dell’elettricista opportunamente chiamato da mia madre. Poverina, aveva davvero rischiato di lasciarci la pelle e, tutto, per colpa mia e dei miei pensieri che non ne volevano sapere di lasciarmi andare.
Naturalmente, dopo un adeguato esborso, l’elettricista consigliò a mia madre di regalarmi un bel salvavita a norma, da innestarmi che so… in fondo alla schiena. Sarebbe stato meno vistoso e il mio aspetto fisico non ne sarebbe stato grandemente danneggiato. Mia madre disse al signore dalla tuta blu che, vista l’imminenza della partenza, avrebbe fatto tutto in una sola volta : sistema di allarme antincendio, tubi e salvavita; e poi, così facendo, avrebbe risparmiato sulle spese.
L’ora era scoccata. Mi stavo lasciando alle spalle il passato. Sorrisi perché il timore di un futuro incerto si stava lentamente dissipando. Non potevo avere paura perché, in fondo, un giorno molto prossimo sarei diventato ciò che avevo sempre sognato di essere : un uomo bionico. E tutto grazie ai miei tristi pensieri.